Roberto Donno e Dolce Arte
Quando storie e tradizioni si trasformano in dolci gourmet!
Quando sono entrata nella sua “gelateria”, deformazione salutare e non professionale questa, subito dopo essermi persa e innamorata tra i colori e i profumi delle sue cremose creazioni, ho visto il cartello: “In caso di allergie o intolleranze alimentari informare il personale prima della consumazione“. Ho sorriso, pensando che forse una o qualcuna di quelle meraviglie che ammiccavano golose da dietro il vetro potevo assaggiarle anche io. Ma questo è stato solo l’inizio e la storia che oggi voglio raccontarvi non è semplicemente la storia di una gelateria dove anche voi intolleranti potete deliziare il vostro palato. Perché Dolce Arte e il titolare Roberto Donno hanno da raccontare ed insegnare molto di più.
Dovete sapere innanzi tutto che questa pasticceria e gelateria si trova a Cutrofiano (LE), nel cuore del Salento e che è segnalata dal Gambero Rosso.
E’ un locale piccolo, “nascosto” in un vicolo che il fatto che custodisca un’eccellenza non lo diresti mai; e, amici miei, l’eccellenza non è solo culinaria e da “manuale”, ma anche e soprattutto umana, perché dietro quel gelato ci sono tutto l’amore e la passione di Roberto, e ci sono tutta la tradizione e la storia di un popolo straordinario.
Roberto Donno ha deciso di scommettere sulle peculiarità della terra salentina; come lui stesso dice, usa una penna molto particolare per disegnare i prodotti della pasticceria e della gelateria e attraverso le sue creazioni racconta le abitudini, la cultura e le “vecchie storie” dei suoi avi, della sua terra.
“Credo che la sintesi più alta – dice – la possa fare proprio il cibo. La tavola ha una funzione pedagogica e dà emozioni e noi siamo legati a questo. Pensiamo ad esempio a tutti i ricordi che ciascuno di noi ha del Natale: tutti rammentiamo e raccontiamo cosa cucinavano i nostri nonni, le nostre mamme… perché nella vita ci siamo sempre regalati il tempo della tavola…
E allora la tavola e il cibo diventano una sorta di Caronte che ci conduce verso delle emozioni, emozioni forti e straordinarie che ci arricchiscono come persone”.
Così Roberto gioca unendo tradizione e gourmet e dietro quel vetro di golosità leggi “Pupuneddhra“. E che gusto sarà mai?
Un sorbetto (no lactose per altro, come tutti gli altri sorbetti) dal gusto e freschezza che io non ho mai sentito in vita mia. Ma non è un vezzo gourmet, no. Lui infatti racconta: “Ricordo che la nonna mi diceva ‘mangiati la pupuneddhra che ti lavi la bocca’; e quella memoria, forte e dominante, mi ha fatto venire l’idea: un dolce fresco, puro, lo stesso sapore che da bambino salutava i miei pasti“.
Sì perché la pupuneddhra, una specie di meloncino non fatto maturare, nelle tavole salentine un tempo non mancava mai; era il frutto e il “digestivo” di fine pasto e spesso gli uomini di famiglia lo svuotavano e lo riempivano di vino, per dare freschezza al liquido, ma anche spesso per nasconderne l’acidità.
Questo sorbetto a Cutrofiano fa letteralmente faville ed è con orgoglio e gioia che il suo creatore è consapevole di aver tramandato ai giovani , alle nuove generazioni, la memoria ed il folclore dei suoi nonni.
Anche il nome ha il suo perché, volutamente in dialetto, come quelli di tante altre sue creature di pasticceria; perché
“conservare l’identità dialettale significa conservare l’autenticità di una terra”.
Così fa capolino la “friseddhra”, un’altra icona salentina. Chi non sa cosa sono le friselle coi pomodori? Ma sulle tavole questo pane biscottato (così conservato per essere portato nei campi e mangiato nelle pause lavorative) arrivava, a colazione ma non solo, in “frizzule“, ovvero in briciole… e da quelle briciole Roberto Donno ha dato vita a un gelato.
E’ stato bello per me, osservando i clienti, leggere negli occhi le emozioni dei salentini, che a cucchiaiate qua possono trasformare in gusto i ricordi di un tempo!
Sì perché da Dolce Arte puoi ballare nel cuore una “pizzica” o tornare bambino, riportando alla memoria il contenuto della “capasa“, un “vaso” in terracotta che serviva per conservare alcuni cibi e che oggi da Roberto si assapora in crema alla mandorla, variegata ai fichi secchi con pralinata di copeta , il torrone duro alle mandorle di una volta…
Roberto, una gelateria da Gambero Rosso, come sei arrivato a tanto?
“Io sono e sono sempre stato semplicemente me stesso: un artigiano che ama il suo lavoro. Il mio locale era già segnalato nella guida nazionale del Gambero Rosso per la pasticceria, ma quando un giorno arrivò una lettera che ci comunicava di essere stati inseriti nella nuova guida stilata specificatamente per la gelateria è stata un’emozione forte, e una sorpresa inattesa. Ero incredulo ed onorato, sembrava impossibile. Gli esperti mi hanno detto che sì, è stata premiata la qualità, ma anche e soprattutto il nostro impegno nella ricerca e nel voler raccontare questa nostra bellissima terra, il Salento. E’ questo che ha fatto la differenza!”.
La passione smuove i pianeti e i sogni sono qualcosa a cui bisogna sempre credere… Da piccolo sognavi di essere ciò che ora sei? Volevi diventare pasticcere?
“Assolutamente no! Mi sono ritrovato in questo ‘mondo’ perché ho un fratello gemello; dopo la scuola media, io volevo studiare floricultura e lui ristorazione; essendo in due, era più comodo frequentare la stessa scuola e così optammo per l’alberghiera. E pensare che oggi nel food sono rimasto solo io, perché mio fratello ha intrapreso una brillante carriera in tutt’altro settore!
Ho ricordi bellissimi degli anni di scuola, ho conosciuto tanti amici che ancora frequento e moltissimi dei mie compagni oggi sono dei bravissimi chef e pasticceri; tra di noi “brilla” anche una stella Michelin, il mio amico e allora compagno di banco Donato Episcopo. E’ stato in quegli anni che si è ‘impiantato’ in me il seme che piano piano ha fatto nascere e crescere la passione e ha dato vita a tanti sogni. Mai avrei pensato di avere un giorno un laboratorio ed un punto vendita tutto mio. Bisogna crederci: credere ai sogni. Credere che che con i sacrifici tutto è possibile è stata ed è per me la chiave, è ciò che non ti fa smettere di sperare e che ti aiuta a superare le non poche difficoltà che lungo la via si incontrano”.
Inseguendo il sogno Roberto nel 2004 decise di avviare una pasticceria e gelateria, nell’intento di sposare le antiche tradizioni salentine con una nuova concezione del prodotto dolciario.
Tu adoperi le materie prime tipiche del Salento non solo per produrre la pasticceria e gelateria tradizionali, ma anche per realizzare prodotti moderni che, pur mantenendo intatti i valori nutrizionali della più genuina produzione salentina, permettano di soddisfare le esigenze dei clienti …. è difficile accontentare e appagare le richieste dei consumatori?
“Per me il 2004 è stato un anno importantissimo. E’ nata Dolce Arte, ma è nata anche la mia prima figlia. Dopo 14 anni di lavoro in pasticcerie e ristoranti, dopo una lunga esperienza maturata, io e la mia famiglia abbiamo deciso di scommettere su un nuovo progetto. Ci siamo messi in gioco; le idee se ne stavano chiuse nel cassetto da tanti anni, idee in cui io credevo mentre a molti pasticceri con cui ho lavorato parevano irrealizzabili. Da allora abbiamo percorso tanta strada… Le esigenze… La prerogativa di questo lavoro a mio avviso rimane la formazione continua, perché le richieste e necessità alimentari oggi sono tante. Richiede impegno, ma bisogna saper ascoltare, riuscire ad accontentare i propri clienti.
Io definisco i miei clienti ‘compagni di viaggio’: loro mi danno tanta soddisfazione e sono uno stimolo continuo a fare sempre meglio”.
Roberto lo fa utilizzando i prodotti della tradizione, i frutti della terra salentina, trasformandoli in innovativi dessert.
Tradizione e innovazione, è un termine abusato, ma il tuo caso ne è un esempio in toto… raccontacelo.
“Forse è vero, è abusato, è diventato un concetto un po’ commerciale… ma per me è naturale ‘scrivere’ attraverso il cibo della tradizione; chi non ama narrare della propria terra natia? L’innovazione per me è semplicemente una chiave moderna per raccontare, attraverso la tecnica e la ricerca, quanto di bello uno vive e ha attorno a sé. Del resto non può esistere innovazione se non conosciamo la tradizione da cui proveniamo. La tradizione porta con sé la conoscenza, l’esperienza e soprattutto tante storie… Ed è qui che trova terreno fertile l’innovazione;
io innovo e rinnovo ciò che esiste o è esistito, altrimenti parleremmo di scoperta o invenzione, ma è altra storia…”.
La tradizione non sposa facilmente l’intolleranza vero?
“Questo è un tema importantissimo. La mia produzione, sia classica che di sorbetti, cerca nel limite del possibile di tenere sempre in considerazione le diverse esigenze dei consumatori, anche e soprattutto legate ad allergie e intolleranze. E’ sicuramente una scelta questa, non sempre facile, e capisco e rispetto alcuni colleghi che preferiscono non imbattersi in situazioni direi ‘difficili’ e di responsabilità, ma non lo condivido. Credo che l’etica professionale ci obblighi a guardare a tutti i clienti e ai loro bisogni. Riscontro spesso in alcune persone molta confusione riguardo le intolleranze; a volte non nascondo di vedere mamme entrare nel mio locale nel panico assoluto… A loro dedico un po’ di tempo e spiego per esempio la differenza tra lattosio e proteina del latte, tra il tuorlo e l’albume dell’uovo, tra farine di frumento e altri generi. Non sempre i ‘pazienti’ sono ben accompagnati dai medici quando scoprono di essere intolleranti; spesso hanno di certo solo una lunga lista di alimenti vietati e sono spaventati, perché credono di non poter mangiare più niente. Quando vedo dei clienti ‘smarriti’ cerco di capire cosa posso realizzare per loro. Questo è senza ombra di dubbio impegnativo, ma
vuoi mettere il sorriso di un bambino quando può mangiare tranquillamente il suo gelato o la sua torta? Non c’è paragone, sono gli attimi di felicità che ti ripagano di tutti i sacrifici!”.
Credi che un tempo l’intolleranza non esistesse per maggiore genuinità di cibi e stile di vita più sano? Secondo te l’intolleranza è una malattia moderna?
“Credo che la genuinità sia una scelta importante, per due motivi: scegliere di lavorare con materie prime nobili ha sì dei costi diversi, ma ha anche di gran lunga risultati diversi, in secondo luogo è una responsabilità all’educazione del buono, del sano, di quello che dovrebbe essere in verità la normalità. Continuando ad usare prodotti che l’industria immette nelle filiere commerciali o dei semilavorati si otterrà alla fine la perdita o l’appiattimento di quella che definisco la ‘memoria del gusto’. E sono convinto anche che i cibi industriali contribuiscano molto all’aumento delle intolleranze.
Un sorbetto fatto di sole fragole fresche è molto più idoneo a chi è intollerante al lattosio. Chi ne soffre è felice, chi non lo è spesso mi chiede se ‘è buono lo stesso’, come se la mancanza di ‘lavorazione’ ne discriminasse il gusto… Ripeto, c’è molta confusione ancora su questo tema. Io credo semplicemente che il vero professionista debba cercare l’offerta idonea per tutti: chi è intollerante non deve sentirsi in imbarazzo nel chiedere prodotti adatti alla sua alimentazione. L’offerta dei ristoranti, delle pasticcerie e delle gelaterie deve tradursi nella lingua della ‘normale inclusione sociale’, ovvero poter servire al meglio tutti i clienti”.
Sei molto legato alla tua terra, i tuoi prodotti parlano da sé; perché credi sia importante il mantenimento delle tradizioni e della cultura? Cosa è che non dobbiamo perdere e perché?
“Conoscere le nostre origini è una ricchezza che ci viene offerta gratuitamente dalla storia della nostra terra di appartenenza, ma diventarne custodi è una libera scelta, che in prima istanza ci nutre e poi diventa occasione di bellezza e meraviglia per le nuove generazioni o per gli ospiti che passano a trovarci; ma questo accade solo quando condividi questo tesoro.
Per me è un onore e un privilegio poter raccontare con la mia ‘penna del cibo’ quanto ho vissuto e raccolto, imparato, dai racconti dei mie nonni e dalla mia ‘gente’.
Non dobbiamo mai perdere la voglia di raccontare, soprattutto oggi, nell’epoca della comunicazione che spesso diventa ‘pensiero freddo’, perché ci parliamo attraverso chat, mail ed sms.
Guardare le persone negli occhi, coglierne la meraviglia, osservare le reazioni e le comunicazioni non verbali e soprattutto interagire è una esperienza da custodire e non lasciar finire in fredde pagine web come se fosse quella la normalità. La tecnologia è a servizio dell’uomo e non viceversa”.
Quale è il gusto di gelato di tua produzione che preferisci e perché?
“Ti svelo un segreto paradossale, non sono un grande mangiatore di gelato e non ho un gusto preferito. Però ce n’è uno a cui mi lega un’emozione particolarmente importante ed intensa: il ‘Dolce Maria’, una pralinata di mandorle e pinoli in variegatura. E’ il gusto che ho pensato, nella sua delicatezza, di dedicare alla nascita di Maria, la mia prima figlia…
Ecco un esempio lampante di quando il cibo racconta angoli di storia personali che diventano poi gusto per tanti…”.
Quasi mi si velano gli occhi per l’emozione. E’ allora non è il Gambero Rosso a fare la differenza; la Gelateria Dolce Arte e Roberto Donno, con o senza ‘menzione’, sono e sarebbero lo stesso locale e la stessa persona di sempre: un artigiano innamorato del suo lavoro e della sua terra e una gelateria e pasticceria che racconta storie meravigliose e fa parlare il passato trasformandolo in moderno cibo gourmet.
Roberto, due ultime domande. Cosa vuoi comunicare attraverso i tuoi prodotti (dolci e gelati)? E che cosa è il made in Italy per te?
“Vorrei poter incoraggiare i ragazzi, comunicare loro il messaggio che con molta umiltà e dedizione il nostro territorio offre tante occasioni per guardare ad un futuro possibile. Se all’inizio qualcuno ti considera un ‘pazzo’ non bisogno temere e continuare a credere nel proprio progetto, sempre e comunque. Il cibo è una delle tante ricchezze della nostra Italia; studio e passione ti permettono di essere libero, di diventare l’autore della tua storia professionale e di vita.
Il significato del made in Italy per me è semplice: orgoglio d’identità! Custodire la nostra tradizione…
Grazie Roberto per questo meraviglioso “viaggio”!
Francesca Orlando
Meraviglioso leggendo questa intervista è stato come se stessi leggendo una bella favola unita a ricordi passati presenti e futuri , una carellata di ricordi bellissimi mai andato via dal mip cuore anche se ol lavoro mi ha portato bia da auesta terra meravigliosa. Grazieeeeee Roberto continua così ad amare ciò che fai perchè traspare in pienezza la firma che Tu metti su ogni cosa che fai .SI CHIAMA AMORE E DA QUI NASCE IL FAVOLOSO E STRAORDINARIO GUSTO DI TUTTE LE TUE CREAZIONI. BRAVOOOOOOO CONTINUA SEMPRE COSÌ. E a prestoooooo.